Tassa Salva Sport, stop definitivo al pagamento dei 30mln extra

Tassa Salva Sport, stop definitivo al pagamento dei 30mln extra

Legislazione

Il Consiglio di Stato boccia definitivamente la richiesta – che ADM aveva rivolto ai bookmaker delle scommesse – di versare altri 30 milioni di euro della tassa Salva-Sport. In sostanza, secondo i giudici, quel prelievo serviva solamente a finanziare il fondo per lo sport, e una volta raggiunti in limiti previsti, i concessionari non erano tenuti a versare altro.

Tutto ha inizio con una norma contenuta nel decreto Rilancio del 2020, già in passato al centro di duri scontri giudiziari. La tassa serviva a garantire delle risorse extra allo sport dilettantistico durante la pandemia. I bookmaker avrebbero dovuto versare lo 0,5% della raccolte delle scommesse, i proventi sarebbero poi finiti in un fondo che serviva a sostenere lo sport in un momento particolarmente difficile. La norma poi fissava anche un tetto – 40 milioni il primo anno e 50 milioni il secondo – e proprio questa parte ha fatto scaturire la lite.

Le due interpretazioni della tassa

Inizialmente infatti si credeva – e la stessa ADM aveva seguito questa interpretazione – che il tetto riguardasse tutto il prelievo. In sostanza, se le soglie di 40 e 50 milioni fossero state raggiunte con qualche mese di anticipo rispetto alla fine dell’anno, i concessionari non avrebbero dovuto versare altro. Cosa che poi di fatto è avvenuta sia nel 2020, sia nel 2021, e infatti lo stesso Ente Regolatore aveva comunicato ai concessionari di non versare altro.

A inizio 2023, quando ormai la tassa era stata pagata per intero, Ragioneria dello Stato e Corte dei Conti hanno sostenuto un’altra interpretazione. Il tetto si applicava ai soli trasferimenti al fondo, non al prelievo. Di conseguenza, i concessionari dovevano pagare la tassa per l’intero anno a prescindere dall’importo versato. Lo Stato poi doveva versare i proventi nel fondo fino a raggiungere il tetto e, se ci fossero state eccedenze, le avrebbe riversate nel bilancio pubblico. Applicando lo 0,5% del prelievo ai due anni, mancavano quindi all’appello 30 milioni.

La tassa non può sostenere l’economia in generale

Il Consiglio di Stato adesso però spiega che la lettura corretta della norma è la prima. “Il legislatore” si legge nella sentenza, “ha chiaramente enunciato la propria intenzione di introdurre misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. E quindi ha cercato di “bilanciare il sacrificio economico imposto” ai bookmaker, “con le superiori, generali e imperative esigenze di solidarietà economica e sociale”. Di conseguenza, la tassa può servire solamente a “rilanciare specifici settori”, ma non può essere usata per “sostenere in generale l’economia”.

I giudici inoltre fanno leva sul fatto che il decreto Rilancio – nel caso in cui la tassa pagata dai bookmaker non fosse bastata – prevedesse un meccanismo di salvaguardia per integrare il Fondo.La differenza in quel caso l’avrebbe messa lo Stato, ricorrendo a altre risorse. “Non si ravvede la ragione di assoggettare i concessionari dello Stato ad uno sforzo di contribuzione per esigenze solidaristiche maggiore di quello al quale si sottoporrebbe lo Stato stesso nel caso in cui le suddette soglie non venissero raggiunte” scrive il Consiglio di Stato.

Secondo LOGiCO, la tassa la pagavano i giocatori

Secondo Moreno Marasco, presidente dell’associazione LOGiCO, si tratta di un esito largamente prevedibile. “La vicenda si chiude con una secca bocciatura, già abbondantemente annunciata e un dispendio di tempo e denaro anche pubblico”. E quindi ha sottolineato che “questa tassa veniva calcolata non sugli effettivi fatturati delle aziende, ma sulla raccolta complessiva – una voce che comprende quindi anche le vincite – di conseguenza ha colpito principalmente i giocatori”.

Gioel Rigido