Riforma dell’online, è scontro anche sui PVR

Riforma dell’online, è scontro anche sui PVR

Legislazione

Si accende un nuovo focolaio di scontro sul decreto delegato sul gioco online. Chiaramente non si fermano le polemiche sul costo elevatissimo delle concessioni – 7 milioni di euro – e sul fatto che molti operatori non avranno i mezzi per partecipare alla gara. Ma adesso le associazioni di categoria si danno battaglia su quella che è stata definita la regolarizzazione dei punti vendita e ricarica, i cosiddetti PVR. Nel corso della audizioni che si stanno svolgendo di fronte alla Commissione Finanze del Senato, ogni organismo ha depositato una memoria, e si è soffermato anche su questo aspetto del decreto.

I PVR resistono all’e-commerce

I PVR sono sostanzialmente dei piccoli esercizi – spesso un bar, una tabaccheria, ma volte anche delle agenzie di scommesse – che dovrebbero consentire ai clienti di aprire un conto di gioco, ricaricarlo o riscuotere una vincita e nulla più. In tutta Italia se ne contano circa 50mila, e un numero così ampio sorprende non poco. Negli ultimi anni, l’e-commerce in Italia ha fatto passi da gigante: siamo abituati a comprare vestiti e a fare la spesa online, firmiamo senza problemi delle polizze assicurative per l’auto o prenotiamo la vacanza all’estero. Perché allora nel caso del gioco abbiamo bisogno di rivolgerci a un negozio fisico?

Secondo diversi esperti del settore, i PVR sono una reazione al divieto di pubblicità. In sostanza, i concessionari dell’online – soprattutto quelli più piccoli e quelli che sono arrivati da poco in Italia – non hanno chance molte di farsi conoscere. I PVR servono quindi a attirare l’attenzione del giocatore.

Ma c’è anche il fatto che, quando si tratta di piazzare una scommessa, diventiamo tutti gelosi della nostra privacy, e preferiamo usare il denaro contante invece della carta di credito. E poi a volte è successo anche che questi esercizi aiutassero il cliente a piazzare la puntata, in alcuni casi addirittura che mettessero a disposizione dei conti di gioco di comodo. Comportamenti che sono tassativamente vietati, perché a quel punto il PVR pur non avendo nessuna concessione diventa qualcosa di simile a un’agenzia di scommesse.

Cosa prevede il decreto sull’online

Il decreto delegato che si sta discutendo al Senato cerca in qualche modo di regolamentare il fenomeno. Si chiede prima di tutto che possano diventare dei PVR solamente quegli esercizi che già raccolgono gioco. E questo dovrebbe servire ridurne il numero da 50 a 30mila. I punti poi saranno tenuti versare una quota di regolarizzazione di 200 euro il primo anno, e di 150 i successivi.

E ancora, i giocatori che si rivolgeranno ai PVR non potranno ricaricare più di 100 euro a settimana sul proprio conto. Il decreto inoltre non parla di prelievo delle vincite e questo fa pensare che i clienti, per riscuotere, dovranno trasferire il denaro su un normale conto corrente.

Le critiche degli operatori

Per LOGiCO – associazione che riunisce diversi operatori del gioco online – questa disciplina rischia di avvantaggiare alcuni concessionari e penalizzarne degli altri. Chi opera sia online che a terra – e che ha già una forte presenza sul territorio – potrà sfruttare le agenzie come PVR, e magari lasciare a bocca asciutta o quasi le altre compagnie. Secondo l’Associazione sarebbe più giusto quindi mettere a gara anche le licenze di questi punti, in modo da far competere tutti a armi pari.

AsTro ribadisce in più occasioni che la disciplina sembra contraddittoria: Sogei e i concessionari infatti dispongono di tutti gli strumenti necessari per individuare le anomalie. Soprattutto visto che le operazioni del gioco online sono tracciate. E quindi chiede che senso abbia il limite settimanale di 100 euro alle ricariche, quando per tutte le altre operazioni il tetto all’uso del contate è stato portato a 5mila euro. Infine lancia un avvertimento: i 20mila punti che verranno estromessi dalla rete potrebbero finire nel circuito illegale.

Anche per la FIT, il limite settimanale all’uso del contante non ha alcun senso. Anzi, rischia addirittura di essere dannosa: se questi Punti devono anche garantire in qualche modo la sicurezza del giocatore, il tetto al contante rischia di estrometterli dal mercato. La Federazione si scaglia poi contro la quota annua da versare, spiegando che è eccessiva rispetto al volume d’affari di questi esercizi. Propone quindi di separare la rete dei PVR da quella delle agenzie e delle sale da gioco.

Gioel Rigido