Sulla riapertura delle sale giochi è scontro in tutta Europa

Sulla riapertura delle sale giochi è scontro in tutta Europa

Notizie dal mondo
  • Gelo tra la Lega e il Premier Mario Draghi sulla riapertura delle attività economiche
  • Per il settore del gioco, la doccia fredda era già arrivata con le parole della sottosegretaria Maria Cecilia Guerra
  • Le sale da gioco sono però tra le attività che tutti i principali Paesi europei hanno ritenuto di chiudere per rallentare la diffusione del Covid

 

Le riaperture aprono un primo strappo tra Lega e Governo, con Mario Draghi e Matteo Salvini che si scambiano un secco botta e risposta. Il leader della Lega spinge per riaprire le attività economiche subito dopo Pasqua. “È impensabile tenere chiusa l’Italia anche per tutto il mese di aprile. Nel nome del buonsenso che lo contraddistingue – e soprattutto dei dati medici e scientifici – chiediamo al presidente Draghi che dal 7 aprile, almeno dove la situazione sanitaria sia sotto controllo…” scrive su Twitter. E ancora, “si riaprano (ovviamente in sicurezza) le attività chiuse a partire da ristoranti, teatri, palestre, cinema, bar, oratori, negozi”. E annuncia che il Governo avrà il sostegno della Lega “solo se prevederà un graduale e sicuro ritorno alla vita”. Ma il Premier frena immediatamente: “Se sia pensabile o impensabile la chiusura dipende solamente dai dati che vediamo”.

La questione delle riaperture è un tema bollente, il settore dei giochi – con le lavoratrici in particolare impegnate in un presidio permanente che va avanti da gennaio – lo sa bene. Eppure, nonostante le proteste e il sostegno ottenuto da praticamente tutti gli schieramenti politici, si riaprirà solo quando ci saranno le condizioni. Lo ha detto chiaramente la sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra, rispondendo alcune settimane a un’interrogazione parlamentare: “Per il Governo il settore del gioco, con i suoi 150.000 occupati e le sue migliaia di aziende, sarà, come tutto il resto del mondo produttivo, oggetto di forte attenzione e ne sarà consentita la riapertura, paritariamente a tutti gli altri settori produttivi, appena la diffusione dell’epidemia da COVID-19 lo consentirà”. Il problema comunque non riguarda la sola Italia, tutta Europa praticamente ha preso una decisione simile per rallentare il ritmo dei contagi.

 

La Germania non cade nella brace, però resta nella padella

Angela Merkel fa dietro-front sul maxi lockdown di Pasqua e anzi si scusa con la Germania per l’allarme procurato. Questo però non vuol dire che la Germania tornerà alla vita normale nel giro di una settimana o poco più, anche perché si pensa di prolungare le restrizioni attualmente in vigore fino al 18 aprile; il Governo ha rinunciato all’ulteriore stretta che intendeva attuare nei giorni a cavallo di Pasqua. Lo aveva ribattezzato “periodo di riposo”, sarebbe durato cinque giorni, con praticamente qualunque negozio chiuso, coprifuoco e restrizioni per le visite ai parenti, persino i preti avrebbero dovuto dire messa attraverso le piattaforme informatiche. Doveva essere una cura da cavallo visto che la Germania è in piena terza ondata e sta sperimentando in queste ore le tanto temute varianti del Covid. A peggiorare il quadro ci sono un tasso dei contagi in piena crescita – oltre 107 casi su 100mila abitanti – e una campagna vaccinale in tilt, con appena il 9% dei cittadini tedeschi che ha ricevuto la prima dose.

Il periodo di riposo è tecnicamente inattuabile in così poco tempo, ma le parole che ha detto la Cancelliera per scusarsi – “è un errore che va corretto subito… chiedo perdono alle cittadine e ai cittadini tedeschi” – lasciano pensare che il Governo avesse paura di logorare eccessivamente gli animi. La Germania è tecnicamenente in lockdown da poco prima di Natale, inizialmente le restrizioni erano meno rigide, ma sono state via via inasprire con il peggiorare dei dati. Anche qui, si è scelto di chiudere tutte le attività non essenziali come ristoranti, bar, palestre, musei, cinema. Gli uffici devono incentivare lo smart-working, o in alternativa effettuare almeno due tamponi a settimana. E ovviamente sono state bloccate tutte le sale da gioco, le agenzie di scommesse e i casinò. Gli unici giochi rimasti attivi sono le lotterie, visto che le tabaccherie possono continuare a operare. Peraltro, persino quando la situazione sembrava abbastanza sotto controllo, tra il primo lockdown e il secondo – grossomodo tra l’estate e l’autunno 2020 – le sale hanno dovuto rispettare una serie di restrizioni. Ad esempio si poteva piazzare una scommessa solamente usando i terminali self-service, mentre le casse delle agenzie dovevano restare chiuse.

 

Nella Francia divisa in due, lo stop al gioco è uno solo

La Francia è sostanzialmente spaccata in due. Il Paese è entrato nel secondo lockdown a fine ottobre, poi sono state adottare una serie di restrizioni abbastanza rigide. Da gennaio gli spostamenti sono vietati dalle 7 del pomeriggio alle 6 di mattina, i negozi possono rimanere aperti fino al coprifuoco, nei centri commerciali possono rimanere aperti solamente i supermercati. C’è poi una parte della Francia che in questi giorni entra nuovamente in lockdown, quindi il terzo dall’inizio della pandemia. I blocchi riguarderanno “solamente” 16 dipartimenti – a spanne un quarto del Paese, visto che di mezzo si sono anche i 5 dipartimenti dell’Ile de France, e quindi anche Parigi – e dureranno almeno per quattro settimane. Vietato uscire da queste aree se non per estrema necessità, e chiusi tutti i negozi non essenziali. Rosso o rosso fuoco, per il gioco non cambia molto: i casinò, le sale bingo e le agenzie di scommesse sono chiuse dall’autunno scorso, speravano di poter riaprire nel periodo natalizio, ma poi non ce n’è fatto nulla.

 

La Spagna riapre, ma poco

Anche il quadro in Spagna è piuttosto frammentato, qui in realtà è da poco terminato un periodo di forti restrizioni e il numero dei contagi è calato sotto i livelli di guardia. Le Regioni hanno allentato il freno fino a un certo punto: si ha paura infatti che con le festività pasquali il virus torni a correre e quindi – un paio di settimane fa – il Consejo Interterritorial de Salud ha comunque adottato delle restrizioni. Gli spagnoli devono rispettare un coprifuoco dalle 23 alle 6 del mattino, e ci sono una serie di limiti al numero massimo di perso e che si possono incontrare negli spazi aperti e nei locali pubblici. Per quanto riguarda le sale da gioco, ogni Comunità ha deciso se e che tipo di restrizioni attuare, nella maggior parte dei casi però le sale possono restare aperte, ma la capienza è stata limitata. Tanto per fare qualche esempio, si va dal 30% di Barcellona, Aragona e Catalogna al 50% di Madrid e della Castilla La Mancha.

 

Il Regno Unito pensa a delle date, se tutto va bene

Anche il Regno Unito – dove la metà dei cittadini adulti ha ricevuto almeno la prima dose – si è dimostrato molto cauto sulle riaperture. Il Governo ha decretato a gennaio il lockdown e pochi giorni fa ha aggiornato una sorta di cronoprogramma sulle riaperture, si parte sostanzialmente il 29 marzo con palestre, piscine e altri impianti sportivi, ma il via libera riguarderà solo le strutture all’aperto, e gli accessi saranno limitati a sei persone per volta. Difficile dire che senso ha mettere in funzione una piscina scoperta il 29 marzo in Gran Bretagna, chi vorrà fare una nuotata al coperto dovrà però aspettare il secondo scaglione, che partirà non prima del 12 aprile. Sempre che il livello di contagi rimanga sotto controllo. Tra le varie attività che potranno riaprire in questa fase ci sono anche le agenzie di scommesse, ma dovranno rispettare un protocollo di sicurezza studiato proprio per loro, e in particolare dovranno limitare l’uso delle slot. Casinò, sale giochi e bingo hall dovranno aspettare il terzo scaglione, non prima del 17 maggio.

Gioel Rigido