Tassa 500 milioni, l’Avvocato Generale non fa chiarezza

Tassa 500 milioni, l’Avvocato Generale non fa chiarezza

Notizie ITA
  • L’Avvocato Generale della CGE non emette un parere univoco sulla tassa dei 500 milioni
  • In alcune condizioni, la tassa potrebbe anche essere considerata legittima
  • Il parere però ha dei passaggi piuttosto oscuri
  • Si attende adesso la sentenza della Corte di Giustizia che non è assolutamente vincolata al parere

 

L’avvocato generale della Corte di Giustizia Europea Athanasios Rantos non prende una decisione univoca sulla tasse dei 500 milioni. E comunque chiede che siano i giudici a stabilire se il balzello abbia violato effettivamente con i diritti comunitari, e se abbia infranto il principio del legittimo affidamento. Il parere ha diversi passaggi che lasciano perplessi, ma comunque afferma che a determinate condizioni la tassa potrebbe anche essere legittima. Anche perché non afferma in modo chiaro – come avrebbe fatto comodo a tutto il settore del gioco – che il Legislatore non può lanciare una nuova tassa ogni volta che ha bisogno di fare cassa.

 

Occorre subito dire però che le conclusioni dell’Avvocato Generale non hanno carattere vincolante, sono un semplice parere autorevole che la Corte deve tenere in considerazione quando emette la sentenza. Ma poi, i giudici restano pienamente liberi, e possono decidere in maniera del tutto diversa. Non sarebbe la prima volta che succede. La sentenza comunque dovrebbe arrivare nel giro di alcuni mesi, poi la questione tornerà di fronte al Consiglio di Stato.

 

La tassa nasce nel 2015 per tappare qualche buco di bilancio

La tassa dei 500 milioni è stata introdotta con la legge di Stabilità del 2015, il Governo aveva subito chiarito che si trattava di un prelievo straordinario che doveva rimanere in vigore per soli tre anni. Sostanzialmente doveva servire “al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica”, quindi a assicurare qualche risorsa extra, in attesa di attuare il riordino del settore. La tassa però ha creato fin da subito una serie di problemi, visto che il meccanismo del prelievo era stato studiato male.

 

Prevedeva infatti che fossero i concessionari delle slot e delle vlt a pagare l’intera somma, e che poi ne dividessero il peso con i baristi e ricevitori che ospitano le macchine, e con i gestori che le istallano nei vari esercizi. I concessionari a quel punto provarono a modificare i contratti con gli altri soggetti della filiera, ma sostanzialmente scoprirono di non avere molte chance.

 

Nel caso delle slot, sono infatti i gestori che “scassettano” le macchine, ovvero prelevano i soldi dalle casse delle macchine e poi li dividono con esercenti e concessionarie. Quando si sono rifiutati di consegnare i ricavi necessari per pagare la tassa, e non hanno firmato i nuovi accordi, le concessionarie non hanno avuto altra alternativa che rivolgersi a un giudice civile. Al di là del fatto che i tempi processuali in Italia non sono mai celeri, i giudici non hanno espresso un orientamento univoco, ma in buona parte dei casi hanno dato ragione ai gestori.

 

La tassa non viene pagata e il Governo cambia strategia

Alla fine dei conti, le concessionarie si sono trovate a pagare la tassa senza avere i soldi necessari per farlo. E questa situazione durerebbe fino ai giorni nostri: secondo le stime la prima annualità ancora non è stata versata per intero. Il Governo a quel punto si è reso conto dell’errore e con la Stabilità dell’anno successivo ha sostituito la tassa dei 500 milioni con un più sicuro aumento del PREU. Questo però vale appunto per il secondo e il terzo anno della tassa, per risolvere i problemi della prima rata ha invece scritto una norma interpretativa, spiegando come dovessero regolarsi concessionari, esercenti e gestori.

 

Intanto, gestori, concessionari, esercenti e associazioni di categoria hanno provato a far dichiarare la tassa illegittima, e hanno intentando decine di ricorsi. Il Tar Lazio dopo qualche tentennamento ha rinviato la questione alla Corte Costituzionale. Ma gli Ermellini hanno schivato il problema: la vecchia norma era stata sostituita dalla norma interpretativa, in caso bisognava sollevare dei nuovi quesiti su quest’ultima. Il Tar Lazio a quel punto ha ribadito che il settore delle slot doveva pagare.

 

Piovono ricorsi

In appello, il Consiglio di Stato ha invece spedito la patata bollente alla Corte di Giustizia Europea. In particolare ha chiesto se sia giusto ridurre il compenso degli operatori degli apparecchi, o se sia una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. Oltretutto, il Legislatore ha colpito solamente il settore delle slot, mentre non ha minimamente toccato il prelievo sugli altri giochi. Nell’altro quesito, il Consiglio di Stato ha chiesto se uno Stato viola il principio di legittimo affidamento quando, per motivi meramente economici, decurta il compenso stabilito in una concessione firmata anni e anni prima. E questo dubbio interessa anche gli altri giochi, visto che il Legislatore ha più volte ritoccato questa o quella aliquota quando aveva bisogno di fare cassa.

 

L’obiettivo di far cassa potrebbe non essere un peccato

Sulla prima questione l’Avvocato Generale premette che la restrizione ai principi del Trattato sembra illegittima. “La Corte ha ripetutamente statuito che il solo obiettivo di incrementare al massimo gli introiti del pubblico erario non può consentire una restrizione della libera prestazione dei servizi”. Tuttavia, nel caso del gioco d’azzardo, la restrizione è legittima nel caso in cui “persegua effettivamente obiettivi relativi a motivi imperativi di interesse generale”. E questo aspetto lo dovrà verificare il giudice nazionale.

 

Ma sottolinea anche che nel caso della tassa dei 500 milioni, ci sono degli elementi che a prima vista “sembrano idonei a costituire ragioni imperative di interesse generale”. E riassume quindi le memorie prodotte dal Governo italiano: “aldilà del tenore letterale delle disposizioni pertinenti, queste ultime si inseriscono in un contesto più ampio di riequilibrio del settore dei giochi di azzardo. In tale contesto”, la tassa dei 500 milioni “perseguirebbe anche l’obiettivo di ridurre la redditività dell’attività dei giochi d’azzardo al fine di lottare contro la diffusione di giochi illegali e di proteggere le fasce più deboli della popolazione dagli effetti connessi ai giochi d’azzardo, e segnatamente dal rischio di dipendenza dal gioco”.

 

La tassa che contrasta il gioco illegale affossando quello legale

Ora, questa frase suona molto strana, per tante cose. Nella premessa, il Governo direbbe che anche se nella norma c’è scritta una cosa, in realtà l’obiettivo era un altro. Poi, ricordava che la tassa era stata introdotta in attesa di effettuare il riordino del settore. Il riordino non c’è mai stato, ma diamo per scontato che il Governo di allora lo volesse portare a termine. Ma soprattutto, il Governo avrebbe scritto anche che quella tassa serviva a contrastare il gioco illegale, riducendo la redditività di quello legale.

 

L’unica parte che potrebbe avere un senso è quella sulle dipendenze, anche se poi tutti gli operatori e le associazioni di categoria sostengono il contrario: il settore legale ha anche il compito di vigilare sui giocatori patologici e di indirizzarli verso le organizzazioni che offrono assistenza.

 

Gli operatori si potevano aspettare il cambio di tassazione

Anche sul radicale cambiamento delle condizioni della concessione, l’Avvocato generale non lascia molti spiragli. “Un operatore economico non può riporre il proprio affidamento nel fatto che non interverrà assolutamente alcuna modifica legislativa”. Può solamente “mettere in discussione le modalità di applicazione di una modifica siffatta”. In sostanza, non viene violato il principio del legittimo affidamento, quando “un operatore economico prudente e avveduto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi”.

 

Anche in questo caso, secondo l’AG, la parola finale spetta al giudice italiano. Ma aggiunge anche che una serie di elementi – come la legge delega del 2014 che annunciava non solo il riordino del settore, ma anche la revisione degli aggi; o il fatto che la tassa dei 500 milioni dovesse durare per un periodo di tempo limitato – portano a credere che il balzello “sia ben lontano dall’essere eccezionale o imprevedibile”.

Gioel Rigido