La Serie A chiede di cancellare il divieto di pubblicità
La Lega di Serie A chiede di abolire il divieto di sponsorizzazioni da parte del mondo del betting, ma anche una percentuale dei ricavi delle scommesse. Sono solo due delle proposte contenute in un documento programmatico che la Lega avanza in un documento approvato dalla maggioranza dei club e rivolto alla FIGC. Tra le altre questioni affrontate, quello di stretta attualità del taglio del campionato a 18 squadre. Ipotesi che la Lega boccia con una maggioranza solida. Solo Inter, Juventus, Milan e Roma, infatti, hanno votato a favore.
La Lega chiede maggiore autonomia e più soldi
Il documento è nato circa un anno fa e viene costantemente aggiornato. L’obiettivo principale del documento è di ottenere totale libertà di scelta nelle decisioni che riguardano esclusivamente la Serie A. Insomma: “Sulle questioni della Lega decide la Lega”. E quindi anche di ottenere maggiore peso all’interno del consiglio federale della FIGC e un’autonomia più ampia nella governance.
E ancora, la Lega interviene anche su aspetti come le espulsioni a tempo, il miglioramento del Var, la durata dei contratti dei calciatori, l’adeguamento dei salari in caso di retrocessione, l’indipendenza del settore arbitrale, la gestione dei vivai. E a gran voce un ulteriore snellimento delle procedure per realizzare nuovi stadi.
Le sponsorizzazioni del betting valgono 200 milioni l’anno
Il calcio italiano deve fare i conti con un indebitamento che supera i 5 miliardi di euro, e con i diritti televisivi che diventano meno remunerativi, si tenta qualunque strada per garantire ai club nuove risorse. A causa del divieto di sponsorizzazione per i giochi e le scommesse – secondo le stime che circolarono quando venne introdotto – le squadre della massima divisione hanno dovuto rinunciare a un tesoretto di 150-200 milioni l’anno.
In realtà, il conteggio dovrebbe essere inferiore. Questa somma infatti corrisponde al totale degli investimenti effettuati dalle compagnie del gioco, le squadre di calcio non devono aver faticato a trovare degli sponsor alternativi. Magari, si saranno dovute accontentare di contratti meno redditizi, ma comunque non sono rimaste a bocca asciutta.
C’è da dire però che la proposta della Lega è un po’ in controtendenza. Seguendo l’esempio dell’Italia, diversi altri paesi europei hanno introdotto divieti più o meno rigidi. E in Gran Bretagna, sono state addirittura le squadre di calcio della Premier a rifiutare le compagnie del gioco come sponsor di maglia. Le sponsorizzazioni inferiori però restano valide.
Il diritto di scommessa piace allo sport
Il riconoscimento di una quota dei ricavi – il cosiddetto diritto di scommessa – è uno strumenti già adottato in altri paesi. La Francia ad esempio lo ha imposto fin da subito quando ha regolamentato il mercato una quindicina di anni fa. Recentemente una richiesta simile l’ha avanzata anche Novak Djokovic per i giocatori di tennis.
Il principio alla fine è lo stesso dei diritti tv: le emittenti televisive o le compagnie del betting percepiscono un guadagno sfruttando in un modo o nell’altro degli eventi sportivi. Allora dovrebbero anche corrispondere una quota di quei proventi a chi organizza l’evento.
Per il momento nessuna reazione ufficiale da parte dei bookmaker italiani. È quasi certo che sposeranno in pieno la prima proposta. Di certo invece non gradiranno il diritto di scommessa. Ancora si battono contro la tassa salva-sport, che alla fine non è una cosa molto diversa. Nella migliore delle ipotesi, viene da pensare, potrebbe essere merce di scambio per far cancellare il divieto di sponsorizzazioni.