Ctd, la comunicazione alla Questura diventa un’autodenuncia

Ctd, la comunicazione alla Questura diventa un’autodenuncia

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  • Con la Stabilità del 2015 i Ctd potevano scegliere tra la sanatoria e una comunicazione alle Questure
  • Per il Ministero degli Interni però non è chiaro se questa comunicazione equivalga a una licenza
  • Per il Consiglio di Stato è un’autorizzazione a tutti gli effetti, ma vale solo per chi operava nel 2014
  • Anche tutti gli altri però hanno effettuato la comunicazione, bisogna capire adesso che ne sarà di loro  

 

Tra sanatorie, strette fiscali, inchieste giudiziarie, sembrava destinato a esaurirsi il filone dei Ctd – le agenzie non esattamente legali, ma nemmeno poi del tutto illegali che raccolgono scommesse per i bookmaker stranieri – ma non è così. Anche perché a rimescolare le carte ci pensano i giudici italiani, questa volta tocca al Consiglio di Stato, chiamato a sciogliere una serie di dubbi sollevati – non proprio tempestivamente – dal Ministero degli Interni. Il parere a una prima lettura sembra un lascia passare per tutti, ma in realtà potrebbe mettere a rischio 3/4 della rete,   anche perché adesso le Questure conoscono vita, morte e miracoli di questi centri.

 

C’era una volta la sanatoria, o c’era la comunicazione

Tutto nasce dalla legge di Stabilità del 2015, quella che per intenderci ha lanciato la prima sanatoria di Ctd e bookmaker paralleli, e che ha permesso di riassorbire nella rete legale oltre 2mila centri non autorizzati. Subito dopo quella norma ce n’era un’altra, il cosiddetto comma 644, che in effetti è sempre suonata un po’ strana. In base a questa norma infatti, tutti i Ctd che non partecipano alla sanatoria sono tenuti a comunicare alle Questure la propria esistenza, e questo già di per sé non torna. Ora tra sentenze della Corte di Giustizia e norme disapplicate, la questione è ancora tutta da definire. Però, i Ctd per l’ordinamento italiano sono illegali, quella stessa norma ricorda che l’articolo che sanziona penalmente la raccolta non autorizzata di scommesse e l’intemediazione resta in piedi, e quindi i centri continuano a commettere un reato. Insomma, sembra un po’ come dire a un ladro che se va a svuotare un appartamento, quantomeno avvisi la Polizia.

 

Quello che poi fa la Polizia però non è ben chiaro. Nel senso che la norma non sembra puntare alla chiusura di questi centro, visto che poi snocciola tutta una serie di misure che in Ctd “comunicati” devono rispettare. Si va dal palinsesto delle scommesse, ai limiti di vincita, alla normativa antiriciclaggio e altro ancora. Senza contare che dal 2011 i Ctd sono tenuti a pagare un prelievo sulle scommesse triplicato rispetto un normale concessionario italiano.

 

E forse il senso della norma sta in questo: il Legislatore “ammette” che è quasi impossibile chiudere questi centri, e inserisce la comunicazione. Almeno così le Forze dell’Ordine potranno controllarli senza doverli stanare uno a uno, e soprattutto diventano molto meno redditizi, e più complessi da gestire, insomma diventano decisamente meno attraenti come attività da svolgere.

 

Cinque anni dopo il Viminale solleva due dubbi

Ora, il Viminale dopo 5 anni e passa che questa norma viene applicata si è posto due dubbi. Se il comma 644 si applica solo ai centri attivi al 2014, e soprattutto se una volta che questi centri mandano la comunicazione alla Questura e rispettano tutti gli obblighi, diventino delle attività autorizzate a tutti gli effetti. Perché è ovvio, il centro che non lo fa, o sgarra su un obbligo viene sequestrato e incriminato. Ma quello invece che rispetta la legge per filo e per segno, la Questura può andare a chiuderlo lo stesso? E il Consiglio di Stato, cui è toccato sciogliere i nodi, rimescola per bene le carte.

 

Partiamo dagli effetti che produce la comunicazione. I giudici di Palazzo Spada sono categorici, questi centri senza dubbio vengono legittimati. Nel parere parlano di un’autorizzazione “ibrida”: non è la licenza di pubblica sicurezza che richiedono le agenzie legali, visto che l’iter è completamente diverso, ma comunque il risultato finale non cambia molto. Il comma 644 non prevede che la Questura rilasci una “autorizzazione espressa”, ma questo non vuol dire che la comunicazione vada considerata “una sorta di atto tacito di autorizzazione (sul modello del silenzio-assenso)”. Si tratta in sostanza di “un modello atipico” spiegano ancora, “a metà strada tra quello della s.c.i.a. e quello dell’atto tacito formatosi per silentium”. In ogni caso, il risultato è che “si instaura un normale rapporto di controllo amministrativo tipico delle licenze di polizia”. In buona sostanza, dopo aver fatto la comunicazione il Ctd dovrà rispettare tutti quegli obblighi di cuoi dicevamo sopra, mentre la Questura “potrà esercitare i poteri di controllo, prescrittivi e sanzionatori” che svolge nei confronti di qualunque normale agenzia di scommesse.

 

Insomma, tana libera tutti? No, non proprio. Perché quando si tratta di dire quali centri possano ottenere l’autorizzazione, il Consiglio di Stato ha stretto le maglie, e conclude che il comma 644 vale solo per chi ha aperto i battenti prima del 31 ottobre 2014. Questo comma infatti è un’alternativa alla sanatoria, e quindi si applica solo a quei soggetti che avrebbero potuto regolarizzare la propria posizione, ma non lo hanno fatto. È una “norma derogatoria e temporanea, che si pone come eccezione rispetto al regime ordinario della materia” spiega il Consiglio di Stato, “non può essere interpretata in senso estensivo e, tra le due opzioni ermeneutiche in astratto possibili, deve preferirsi quella più circoscritta e restrittiva”. I giudici di Palazzo Spada aggiungono che c’è qualche caso particolare in cui in Ctd possono fare la comunicazione anche se hanno aperto i battenti dopo l’ottobre 2014, ma sono appunto piuttosto specifici: li Ctd sanato che poi è decaduto dalla procedura; e quello che ha fatto la comunicazione e poi è stato ceduto a un soggetto diverso (che quindi la deve rifare).

 

Per alcuni, è un nuovo passo verso la legalità

Un nuovo passo in avanti verso un regime autorizzatorio, chiaramente sotto il controllo del Ministero dell’Internoha festeggiato l’avvocato Daniela Agnello, legale esperto di gaming, commentando ad Agimeg la notizia. L’avvocato Agnello da anni si batte in difesa dei centri paralleli e in più occasioni è arrivata di fronte alla Corte di Giustizia Europea per discutere delle criticità del sistema italiano. E la Agnello ha confermato quindi che questi centri sono tenuti a rispettare il rigido protocollo fissato dal comma 644, altrimenti “Si applicano le sanzioni previste dalla legge, al pari dei concessionari, che prevedono sanzioni pecuniarie sino alla sospensione o alla chiusura temporanea del centro”.

 

Ma c’è anche chi si è denunciato da solo

Il problema è che il Consiglio di Stato non sembra aver sciolto tutti i nodi che c’erano, anzi forse in realtà ne ha creato qualcuno in più. Sulla lunga querelle sui dei Ctd, SlotJava ne aveva già discusso con l’avvocato Vincenzo Matera, anche lui un legale esperto del settore. Matera aveva raccontato che in Italia – dopo le sanatorie e le inchieste giudiziarie – il numero di questo centri si è ridotto notevolmente: “Non credo ne siano rimasti più di 2mila, un quarto della rete di un tempo”. Quelli aperti prima del 2014,che quindi hanno diritto all’autorizzazione ibrida del Consiglio di Stato, devono essere però molti meno: “Immagino un 500-600” spiega adesso. E quindi gli altri 1.400-1.500? “Secondo la lettura restrittiva del Consiglio di Stato, non dovrebbero fare nemmeno la comunicazione prevista dal 644”. Visto che sono passati più di 5 anni, però, è facile pensare che la maggior parte di quei 1.500 Ctd la comunicazione l’abbia già fatta, perché credevano di essere tenuti a farlo. “È così, l’hanno fatta tutti. Anche perché per chi non lo faceva era prevista una sanzione da 20mila euro”, sottolinea ancora Matera. Per loro però questa autorizzazione non vale, le Questure quindi avrebbero pieno diritto di chiuderli, anche perché oltretutto non li devono nemmeno andare a cercare. “Praticamente così è un’autodenuncia”. E Matera sottolinea quindi che questa è l’ennesima discriminazione per i bookmaker e i centri nati dopo il 2015: “Questi soggetti non hanno alcuna possibilità di entrare nel mercato italiano. Anche perché il bando previsto per il settembre 2019 non è mai stato indetto”. Insomma, secondo Matera, per questi soggetti “occorrerebbe aprire una finestra temporale ogni anno, per accedere nei termini della sanatoria”.

Gioel Rigido