Se ADM chiede a Sisal i danni per lo stop alla pubblicità

Se ADM chiede a Sisal i danni per lo stop alla pubblicità

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  • La concessione prevede che la compagnia effettui ogni anno degli investimenti pubblicitari per promuovere il gioco
  • Con il decreto Dignità questa attività dal 2018 è vietata, e secondo Piazza Mastai i soldi che la compagnia ha risparmiato spettano all’Erario
  • La compagnia ricorre al Tar che per ora le dà ragione. Ma potrebbe non essere la sola a aver ricevuto una simile richiesta

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli chiede a Sisal di versare nelle casse dello Stato i soldi che avrebbe dovuto investire in pubblicità: la concessione del SuperEnalotto e degli altri Giochi Numerici – quella del 2009 che grazie alla proroga scadrà nel 2021 – prevede infatti che ogni anno l’operatore investa una quota del proprio aggio per promuovere il gioco. Il decreto Dignità tuttavia nel 2018 ha vietato qualunque forma di pubblicità del gioco e ha quindi reso impossibile effettuare quegli investimenti. Già quando questa norma era in discussione, ci si chiedeva cosa sarebbe successo a quegli operatori – Sisal non è sola – a cui la stessa concessione impone di lanciare campagne promozionali. La questione ricorda un po’ quella dei POS all’interno delle agenzie di scommesse: per le concessioni sono obbligatori, mentre per le leggi regionali sono vietati. Qui però l’ADM sembra semplicemente aver disapplicato la clausola della convenzione; nel caso dello stop alla pubblicità invece a quanto pare ha assunto un orientamento opposto: quei soldi spettano allo Stato, e  – sempre stando ai conti fatti dai Monopoli – Sisal deve versare un tesoretto da 24,3 milioni di euro.

La notizia è molto frammentaria, su questa vicenda la compagnia vorrebbe mantenere il massimo riserbo e a SlotJava ha preferito non rilasciare commenti. Quello che si sa, lo si deduce da quello che scrive il Tar Lazio: la Sisal infatti ha impugnato la richiesta dell’ADM e per il momento ha ottenuto una sospensiva d’urgenza dal Presidente della Seconda Sezione, il Giudice Francesco Riccio. Questi però ha anche chiesto alla compagnia di Milano di versare una cauzione del 50% dell’importo per garantire un eventuale futuro pagamento. Anche perché la questione verrà nuovamente discussa il 17 marzo, questa volta di fronte all’intero Collegio che dovrà decidere se confermare o meno la sospensiva accordata dal Presidente. E poi, ancora, si terrà un’udienza di merito, e finalmente il Tar emetterà la sentenza, che ovviamente sarà di primo grado. Si può ipotizzare che arriverà grossomodo alla fine dell’anno. Tutto questo servirà al Tar per stabilire a chi spettino quei soldi, se alla compagnia o allo Stato. E ciascuno dei due contendenti, a pensarci bene,  sembra avere buona parte di ragione. Almeno, stando a quanto si può dedurre al momento, visto che SlotJava ha interpellato anche l’ADM che però per il momento preferisce non fornire spiegazioni.

La richiesta dei Monopoli comunque non sembra campata per aria. Presumibilmente l’ADM è partita dal presupposto che la gestione del gioco è per legge riservata allo Stato: anche se lo Stato sceglie di affidarlo temporaneamente in concessione a degli operatori privati, l’offerta del gioco resta pubblica. Una delle conseguenze pratiche, ad esempio, è che le vincite non riscosse non spettano al concessionario, ma devono essere versate nelle casse dello Stato. O ancora, tutte le infrastrutture che le compagnie creano o perfezionano per permettere la raccolta del gioco – nel caso del SuperEnalotto, è il caso ad esempio dei terminali che si trovano nelle tabaccherie, o dei sistemi informatici per la gestione del gioco – quando termina la concessione passano allo Stato. Per la pubblicità probabilmente vale lo stesso ragionamento, alla fine dei conti si tratta di un investimento fatto per consentire la raccolta. Di conseguenza, se diventa impossibile fare pubblicità, le somme risparmiate spettano allo Stato.

Ciò non toglie però che – dal punto di vista di Sisal – questa richiesta sia paradossale, sembra il classico caso in cui al danno si aggiunge la beffa. Il divieto di pubblicità di certo non lo hanno voluto le concessionarie del gioco, anzi lo hanno sempre osteggiato con tutti i mezzi. Perché è un danno. Il jackpot del SuperEnalotto al momento vale 109 milioni, è il settimo più alto mai messo in palio dal gioco, ma la compagnia milanese non può lanciare una campagna pubblicitaria per dirlo. Come non ha potuto sostenere la promozione Natale 100X100 con cui ha assegnato dei premi addizionali durante le Feste. Non è difficile immaginare che ci sia una fetta di giocatori potenziali che non tenta la fortuna, semplicemente perché non segue con assiduità il gioco, e non conosce queste occasioni. E se ci sono meno giocate, la compagnia guadagna anche meno soldi.

Ma se questo ragionamento è valido, lo si può portare fino alle conseguenze estreme. Alla fine, lo stop alla pubblicità ha cambiato – probabilmente anche in maniera radicale – gli equilibri contrattuali, lo ha fatto quando il rapporto era già avviato. E, appunto, ha provocato alle concessionarie un danno economico. Alla fine potrebbero essere loro a chiedere allo Stato di risarcire la quota di ricavi che hanno perso.

Meglio lasciare al Tar il compito di stabilire chi abbia torto e chi ragione, anche perché si tratta di una vicenda veramente complessa. L’unica cosa che si può dire al momento è che con ogni probabilità Sisal non è l’unica a trovarsi in una simile condizione. Forse anche Lottomatica IGT ha ricevuto delle richieste analoghe da parte dei Monopoli: sia la concessione del Lotto, sia quella del Gratta e Vinci infatti prevedono campagne pubblicitarie e attività di promozione. Anche Lottomatica IGT preferisce non commentare, e ufficialmente non conferma – in realtà non smentisce – di aver ricevuto degli inviti analoghi. Ma tanto, se ha fatto ricorso, prima o poi il Tar deciderà qualcosa.

Gioel Rigido