Divieto pubblicità, annullata la sanzione da 750mila euro di Google

Divieto pubblicità, annullata la sanzione da 750mila euro di Google

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Google schiva anche la seconda sanzione che l’AgCom gli ha inflitto per violazione del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo. E questa volta il conto era decisamente salato, ben 750mila euro. Il Tar Lazio tuttavia ha annullato la multa: il maggiore motore di ricerca al mondo ha solo messo a disposizione la piattaforma informatica. Ma non ha alcuna responsabilità per i contenuti che vengono pubblicati.

Il canale YouTube che pubblicizza il gioco

Tutto inizia nel dicembre 2021, quando il Garante delle Comunicazioni riceve una segnalazione su alcuni canali YouTube, la celebre piattaforma controllata da Google. Un creator – in realtà poi il business era controllato da una società straniera, anch’essa sanzionata per 700mila eurogestisce cinque canali su cui pubblica dei video che lo ritraggono mentre gioca a delle slot online.

I video vengono inseriti ogni giorno, tanto che se ne contano diverse centinaia. I canali sono a pagamento, gli utenti devono sottoscrivere degli abbonamenti. L’AgCom però sottolinea più volte che possono iscriversi anche dei minori.

Google prova a difendersi sotto più aspetti. Sostiene ad esempio che quei video sembrano avere dei contenuti informativi. Il creator in questione infatti spiega come funzionano i giochi e intrattiene gli utenti con delle battute. Ma per l’AgCom, queste clip promuovono “l’esperienza di gioco”. E oltretutto il creator invita gli utenti a fare a loro volta dei video e a condividerli inviandoli al canale.

Google: nessun ricavo da quei video

La compagnia di Mountain View spiega ancora di non trarre alcun profitto da quei video. I ricavi che assicura YouTube provengono dalla pubblicità. Il Garante però replica che comunque le pubblicità vengono trasmesse in pre-roll sui video, e quindi anche i canali incriminati contribuiscono a portare soldi sui conti della compagnia.

Inoltre, “Google guadagna dagli eventuali abbonamenti degli utenti ai canali che usufruiscono in cambio di vantaggi esclusivi (contenuti riservati, video riservati agli abbonati; live streaming riservati agli abbonati; chat dal vivo)”. E questa è un’ulteriore dimostrazione del fatto che “Google guadagna anche in funzione dei contenuti diffusi presso la propria piattaforma a prescindere dalla pubblicità” puntualizza il Garante nella sanzione.

La responsabilità per ciò che pubblicano gli utenti

Ma soprattutto, Google sostiene di non essere responsabile per i contenuti pubblicati dagli utenti, e in sostanza di non poter controllare tutto ciò che finisce su YouTube. Secondo l’Autorità, tuttavia, il gigante del web in qualche modo sapeva quali contenuti venissero pubblicati sui canali, e che violassero il divieto di pubblicità. Il creator in questione – proprio grazie al successo ottenuto attraverso i video – aveva chiesto di “aderire al Programma di partnership di YouTube”, ed era diventato “Partner Verificato”. Prima di stipulare la partnership, Google effettua delle verifiche per un mese, e “utilizza non solo risorse automatizzate, ma anche umane specificatamente dedicate“.

Insomma, le violazioni erano così gravi e così numerose che l’Agcom eroga una sanzione di 150mila euro per ciascun canale. E in questo modo si è arrivati alla cifra monstre di 750mila euro. Il provvedimento è di luglio 2022.

Per i giudici, YouTube fa solo hosting

Il Tar Lazio però prende una posizione nettamente diversa da quella dell’AgCom che richiama in buona parte la pronuncia sulla prima sanzione inflitta a Google. I giudici infatti – la sentenza è delle scorse ore – affermano che “dalla descrizione dell’illecito resta indimostrata una condotta consapevole e partecipativa di Google Ireland all’attività promozionale vietata” il colosso di Mountain View invece si è attivato per “la celere rimozione dalla piattaforma dei video contestati”.

Il Tar spiega ancora che YouTube effettua un’attività di mero hosting, quindi si limita a mettere a “disposizione uno spazio virtuale su cui gli utenti possono caricare i propri contenuti”. Ma non partecipa “effettivamente alla realizzazione dell’illecito”.

Gioel Rigido