Il gioco va in piazza, ma le sale restano chiuse fino a marzo

Il gioco va in piazza, ma le sale restano chiuse fino a marzo

Notizie ITA
  • L’ultimo Dpcm chiude le sale da gioco fino al 5 marzo
  • Il settore ha cercato in ogni modo di poter riprendere quanto prima a lavorare
  • Il Tar sembrava pronto a far cadere lo stop, ma poi si è tirato indietro
  • La manifestazione rosa dei giorni scorsi ha scosso il mondo politico
  • Si è aperta però la crisi politica che adesso minaccia anche il quinto decreto Ristori

Le manifestazioni e i ricorsi in tribunale riaccendono la speranza che le sale da gioco possano riaprire a breve, ma l’illusione purtroppo scompare in fretta. Con il nuovo Dpcm, infatti, il Consiglio dei Ministri ha stabilito che – per rallentare la terza ondata del Covid-19 – le sale da gioco, le agenzie di scommesse e i bingo resteranno chiusi fino al 5 marzo; poi ovviamente il Governo valuterà se ci sono le condizioni per riaprire, altrimenti le serrande dovranno restare abbassate per qualche altra settimana ancora. Che di certo non è una prospettiva allettante, visto che le sale – tra primo e secondo lockdown – si portano sulle spalle sei mesi di chiusura.

C’è da dire che le sale da gioco non sono le uniche a subire il nuovo stop, anzi l’elenco è piuttosto lungo: ci sono anche palestre, piscine, teatri, sale da concerto, cinema e discoteche. I bar e i ristoranti, invece, devono fare affidamento al colore della Regione. In quelle gialle potranno restare aperti fino alle 18, e dopo potranno lavorare solo per le consegna a domicilio, vietata del tutto la vendita da asporto. In quelle arancioni e rosse invece dovranno restare chiusi del tutto. Nessun tipo di attività, com’è facile immaginare, ha digerito la nuova raffica di restrizioni, così adesso diverse categorie hanno deciso di attuare una serie di proteste. Ad esempio i ristoranti hanno lanciato la campagna “Io apro”, ma le associazioni di categoria – a iniziare da Confcommercio e Confesercenti – non hanno sostenuto l’iniziativa. Il numero di attività che hanno aderito alla protesta sembra al momento piuttosto contenuto, ma chi lo ha fatto a quanto pare ha registrato il tutto esaurito.

Il Tar solleva un polverone e poi fa finta di nulla

Il settore del gioco dal canto suo si è mosso su più fronti, a iniziare dai ricorsi al Tribunale Amministrativo. In uno in particolare, i giudici avevano mostrato qualche forte dubbio, tanto che il settore aveva iniziato a sperare. Il Tar – a dicembre  – ha infatti ha imposto al Governo di depositare i verbali delle riunioni in cui aveva stabilito le chiusure, in sostanza puntava a verificare che fosse realmente necessario chiudere le sale da gioco, che un’agenzia di scommesse o una sala bingo rappresentasse un rischio maggiore per la salute pubblica rispetto a una qualunque altra attività che invece era stata lasciata aperta. E secondo l’avvocato Luca Giacobbe – che ha seguito il ricorso insieme ai colleghi Benelli, Fiorentini, Ripamonti, Lepore e Tariciotti – “Non vi sono dei dati scientifici ed epidemiologici sui contagi nelle sale che supportino la scelta di chiudere le sale da gioco e sospendere la raccolta anche nei punti generalisti”.

Il Tar però alla fine ha preferito lasciare le cose come stavano: in buona sostanza ha detto che le chiusure sono disposte per tutelare la salute, e che le attività che sono state lasciate aperte sono quelle che soddisfano bisogni primari. O meglio, ha citato una pronuncia di un paio di mesi fa che si reggeva su queste considerazioni, e ha detto che in fin dei conti erano ancora valide. Ora, non è molto chiaro perché il Tar si sia andato a studiare i verbali del Consiglio dei Ministri, se qualunque cosa ci abbia trovato – o non ci abbia trovato – dentro, è rimasto della stessa opinione. Però bisogna anche considerare che  tra i tempi tecnici necessari per depositare i verbali e quelli per poi studiarli, la nuova udienza si è tenuta il 13 gennaio, a ridosso del Consiglio dei Ministri in cui il Governo ha prolungato le chiusure. Se il Tar avesse deciso diversamente, sarebbe intervenuto a gamba tesa sulle valutazioni del Governo. Per carità, era proprio ciò a cui puntava il ricorso. Ma se così fosse stato, le sale avrebbero potuto riaprire per un un giorno o due, poi il Governo le avrebbe nuovamente chiuse con l’ultimo Dpcm.

La manifestazione rosa

Il settore poi è anche sceso in piazza, martedì di fronte alla Camera dei Deputati, e poi un manipolo di manifestanti ha mantenuto un presidio anche il giorno dopo. Questa volta è stata una manifestazione rosa: anche se la protesta ha ricevuto il sostegno di tutto il mondo dei giochi, in piazza c’erano soprattutto le donne, le imprenditrici e le loro dipendenti. Di fronte a Montecitorio c’erano tantissime donne e madri che chiedevano di tornare al lavoro quanto prima, di riprendere la vita di tutti i giorni per assicurare un pasto ai figli, e garantire il sostegno della famiglia. E questa circostanza ha colpito nel segno: diversi politici sono scesi in strada per mostrare solidarietà e subito dopo hanno presentato diverse interrogazioni parlamentari per sollecitare un intervento del Governo, sottolineando che buona parte del settore legale rischia di sparire, mandando in fumo decine, se non centinaia, di migliaia di posti di lavoro. L’associazione Emi Rebus – che ha organizzato la manifestazione, grazie all’impegno della presidente Antonia Campanella – ha consegnato allo staff del Governo un documento in cui spiega la grave situazione di crisi in cui si trovano gli operatori. Ma soprattutto un piccolo presidio di manifestanti è riuscita anche a incrociare il premier Giuseppe Conte che a quel punto ha promesso che avrebbe studiato quanti prima il documento.

Un impegno che ha avuto un forte impatto simbolico e anche in questo caso le speranze si sono riaccese. Solo che questo succedeva mercoledì scorso, il 13 gennaio: poche ore dopo Matteo Renzi avrebbe annunciato l’intenzione di ritirare le ministre Teresa Bellanova e Elena Bonetti, di fatto aprendo la crisi di Governo. Ora, la maggioranza in queste ore sta cercando dei “costruttori” che possano garantire i numeri necessari, e Conte andrà in Parlamento a chiedere la fiducia, domani sarà alla Camera e martedì al Senato dove il Governo rischia di andare sotto.

Quello che succederà nelle prossime ore insomma è cruciale, oltretutto il Governo è al lavoro da settimane sul Ristori Cinque, con cui dovrebbe varare nuovi interventi per 12-15 miliardi di euro per aiutare i vari settori in difficoltà. Ovviamente non sarà risolutivo, come non lo sono stati i quattro decreti che lo hanno preceduto, ma almeno sarebbe una pezza.

Gioel Rigido